martedì 28 ottobre 2014

CONTROCORRENDO

Il declino dell’Italia ha origini lontane ma è il presente ignorante e pasticciato di questi tempi che ne decreta l’ineluttabilità. In un momento in cui tutto sembra andare contro logica non resta che provare a correre contro per avere l’illusione che qualcosa possa cambiare. Questo blog nasce per commentare, analizzare, criticare la politica ma anche per dare sfogo a quel sentimento di fastidio di fronte all'immondizia del quotidiano.
Proverò a fare tutto questo anche ospitando il pensiero altrui perché ad una sola cosa non sono in grado di rinunciare: la libertà di pensiero.

Argomenti non mancheranno, a cominciare da quelli di politica economica, perché tutti i giorni lo spettacolo offerto dai palazzi romani sono spunto di riflessione. Non ho l’illusione di poter cambiare qualcosa, ma penso che una voce critica sia necessaria; almeno per sentirsi ancora vivi.

Cosa serve all'Italia.


O anche cosa non serve. Prima di tutto serve una vera democrazia. Da molti anni il tentativo dei partiti di cristallizzare lo stato delle cose è in atto e il tentativo di Matteo Leopoldo Renzi (da qui in avanti solo Leopoldo) con l’Italicum è quasi meritorio ove si pensi che almeno lui mette allo scoperto i segreti e perversi desideri dei partiti maggiori.

Chiunque abbia provato a spezzare le catene del sistema, a parte il Movimento 5 stelle (ma di quello parleremo dopo) è stato rigettato nell'ombra. Ci ho provato per due anni con Fare per fermare il declino, un progetto nato con le migliori intenzioni e con entusiasmi sorprendenti, che è fallito quando era ancora nello stato fetale. Altri sono sopravvissuti ma solo al prezzo del compromesso.

La seconda cosa che serve all'Italia è una coscienza civica e del rispetto che parta dal basso. L’Italia è il Paese in cui il cittadino medio crede di essere sempre un pelo più furbo del suo vicino; in cui i posti riservati ai portatori di handicap sono ghiotte occasioni per parcheggiare l’auto a due metri dall’ingresso; in cui la coda alla posta è una stupido, noioso intralcio che rallenta la corsa verso il bar dell’angolo in cui gustare un meraviglioso caffè nero; in cui “meno male che c’è qualcuno che ha paura del tutor, così la corsia di sinistra è tutta mia e del mio SUV”; in cui “l’amico del cugino di mio cognato è diventato assessore; speriamo che mi faccia avere un posto”.

Ecco, all’Italia servirebbe prima di tutto che gli italiani capissero che con questa mentalità il declino si può forse rallentare, grazie ad una botta di culo, ma non si può arrestare. Se non in fondo ad un burrone.

Poi, una volta ripulita dai vecchi vizi, serve che sia governata da chi capisce almeno un po’ i processi economici che governano il mercato. Tornerò spesso su questo argomento perché l’economia è tormento e diletto per chi scrive. Viviamo la crisi più profonda e lunga degli ultimi cento anni eppure sembriamo non renderci conto che siamo seduti su una collina che sta per franare. Chi dovrebbe (chi avrebbe potuto ha presto abbandonato ogni intenzione virtuosa) preferisce l’effimero di qualche manciata di euro elargiti più o meno a caso e di un pizzico di ottimismo piuttosto che affrontare i nodi della cruda realtà.

Serve, e poi mi fermo, che chi ha il potere di cambiare scelga qualcosa di nuovo nella cabina elettorale. Per 4 anni e 11 mesi e 28 giorni tutti a lamentarsi del governo, del parlamento, delle amministrazioni locali, ma poi, quando arriva il momento di dare veramente corpo a quel lamento, la matita barra sempre gli stessi simboli.

Winston Churchill disse: “lei ha dei nemici? Bene, significa che ha lottato per qualcosa nella sua vita”.

Gli Italiani non hanno nemici.

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