venerdì 31 ottobre 2014

(IN)Stabilità – Prima puntata, vorrei vivere in Calabria

Se rinasco voglio nascere calabrese. Ci sono molti buoni motivi per voler nascere in Calabria.
Il primo è che è una terra bellissima, così selvaggia eppure così a portata di mano. Stretta fra 2 mari, con spiagge incantevoli e acque di un azzurro profondo, è l’ideale per conciliare tintarella e percorsi sterrati a cavallo di una moto. Il secondo è che amo i cibi grassi e piccanti e la ‘nduja è stata oramai eletta a mitologia. Il terzo è che in questo modo per raggiungerla non sarei costretto a percorrere i 460 chilometri della Salerno-Reggio Calabria. Certo ora per 2/3 l’autostrada è più che percorribile (è stato addirittura installato il controllo di velocità con il sistema Vergilius) ma negli anni passati per uscirne indenne bisognava aver fatto ore e ore di pratica sulla playstation.

Ma il principale motivo per cui vorrei essere calabrese è che amo i boschi e le lunghe passeggiate fra la natura e la Calabria è l’unico posto al mondo dove questo hobby viene retribuito con i soldi pubblici.
Vi immaginate la soddisfazione di andar per boschi e radure, in mezzo al fascino della macchia mediterranea o a cercar gustosi funghi con cui fare meravigliosi sughi ed essere contemporaneamente pagati?


E’ vero che c’è una regione che quanto a forestali spende (molto) di più (la Sicilia) ma a quella penseremo in altro post.

Quatto quatto dentro la legge di stabilità il governo Renzi ha inserito un articolo che assegna ai forestali calabresi (solo a loro, a quelli delle altre regioni nisba) 140 milioni di euro in forza di una legge, la 236 del 1993, a sua volta derivante dalla legge 664 del 1984, che prevedeva contributi ai fini della riqualificazione e della salvaguardia del patrimonio agricolo e forestale. Insomma gli alberi del Pollino sono più alberi di quelli del Gran Sasso o dei boschi del Trentino e in quanto superalberi vanno protetti. Magari i 140 milioni serviranno a pagare gli stipendi dato che qualche mese fa le giubbe verdi calabre protestarono per gli arretrati, ma quando ogni ettaro controllato costa quasi 600 euro è normale che poi i conti non tornino.
La legge di 21 anni fa stanziava 1.340 miliardi di lire erogabili in un triennio. Si potrebbe pensare che allora l’Italia vivesse un periodo di euforia economica e quindi si potessero allegramente elargire risorse anche per attività ludiche; invece nel 1993 avevamo un rapporto debito/pil al 115% e un deficit oltre il 10%
Erano gli anni della manovra lacrime e sangue da 92.000 miliardi del governo Amato, del blitz notturno sui conti correnti, della svalutazione della lira.  Eppure si riuscivano a trovare quelli che al cambio di oggi, al netto dell’inflazione, sarebbero 690 milioni di euro, oltre 2 volte e mezza la dotazione prevista da Renzi per il fondo a sostegno dei disabili!

Il ministro del lavoro Poletti ha dichiarato di non sapere niente dell’art. 7 del DDL Stabilità, escludendo persino che una norma del genere possa essere possibile. Magari verrà cancellata durante la discussione parlamentare ma intanto c’è e funghi e foreste dell’Aspromonte sono salve.


In questa racconto, come in altri analoghi che riguardano i mille altri rivoli in cui la spesa pubblica si disperde, c’è la chiave per capire perché questo Paese è finito nelle condizioni in cui è. Il posto pubblico usato come misura del welfare, lo stipendio come salvaguardia del territorio (salvo poi lasciare lo stesso territorio nel peggiore degrado) e come prebenda in cambio di voti. 

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