martedì 23 dicembre 2014

Un pensiero sociale? (quarta parte)

Parlavamo di rabbia? (vedi terza parte) E a me viene subito in mente il '68 e la "rivolta" studentesca. Da quel avvenimento storico (e a tutto ciò che vi è legato) hanno origine tanti effetti, a mio avviso.

La "rivolta" per quanto mi è dato sapere ebbe origine all'Università Cattolica di Milano. La stessa università che ho frequentato per qualche anno (eufemismo). Sia chiaro fin da subito e a perenne memoria: io non sono laureato. Per non cadere in errori simili, di altri ben noti personaggi (e io, mio caro Oscar, ho ancora i biglietti e ahite sono ancora veramente incazzato!) lo voglio specificare per bene e a chiare lettere. Non sono laureato. L'ho già scritto?

Facezie a parte, la rivolta ebbe origine a Milano, si espanse e portò con sé innumerevoli mutazioni nell'ordinamento scolastico italiano. Per fare un esempio: se mio fratello alle elementari aveva un maestro con ancora la bacchetta e che faceva cantare l'inno nazionale ad inizio lezioni la mattina, dopo la gloriosa ribellione studentesca ciò non sarebbe più stato. A dirla tutta forse questo non era poi male come effetto (soprattutto per la bacchetta), ma da qui ad arrivare al mollismo delle scuole anni 80 ed attuali ce ne passa eccome. Ho infatti un pensiero dominante e ricorrente nella mia bacata testa da ultra quarantenne: se non mi sono laureato, la colpa è da imputare alle mie scuole elementari (ma anche questa è un'altra storia che racconterò in un altro momento).
Il decadimento dell'istruzione in Italia è stato progressivo. A partire dal 6 politico, alle scuole elementari sperimentali, fino ai recenti programmi ministeriali, la cosa è degenerata progressivamente. Il livello di professionalità degli insegnanti non è eccellente e il sistema cui fanno parte, fa acqua da tutte le parti. Basti pensare che un alunno deve ripetere lo stesso programma scolastico della scuola primaria, nei tre anni della scuola secondaria inferiore (le medie, o come diavolo le chiamano ora!). E' pazzesco. Una perdita di tempo? A me è stato anche detto che è sì vero che il programma è lo stesso, ma il livello di approfondimento molto più elevato. Sarà, ma mio figlio, ora alle medie, si lamenta di studiare cose che lui ha già imparato alle elementari.
Poi c'è il sistema di voto: "se prendi sette alle medie e come se prendessi sei alle superiori". Come? Non capisco. Eppure sembra essere così. Quindi attenzione che se si prende sei, è come se si prendesse un votaccio. Stento a capire la logica, ma tant'è!

Bisogna permettere a tutti di avere una istruzione adeguata e se durante la scuola dell'obbligo è necessario abbassare il livello medio al livello dei meno "brillanti", quando arrivi all'università di prendi una bella botta di vita. Là si boccia perché gli studenti sono numericamente troppi. Accidenti! (Piccola nota: sull'università potrei raccontare facezie di ogni genere e tipo. Chi mi conosce e ha voluto introdurre il discorso, ha probabilmente conosciuto un lato della mia personalità che tendo a non esporre se non raramente. Parlare della mia esperienza universitaria lo espone totalmente!).

Il sistema scolastico fa acqua da tutte le parti, dicevo: mancano i soldi ma si stampano quintalate di fotocopie, si costruiscono scivoli per i bambini disabili ma i genitori sono invitati a tinteggiare (volontari e non pagati) le aule che necessitano di una rinfrescata ai muri. C'è l'aula di informatica (così si chiama) e c'è la biblioteca, ma entrambe sono state realizzate con l'aiuto dei genitori. La questione denaro è molto sentita nell'ambiente, tanto che qualche volta (!) viene chiesto un contributo extra alle famiglie. Fantastica e lodevole la risposta di un genitore ad una riunione plenaria dei genitori in cui veniva chiesto un aiuto economico: "Sapete perché l'Italia va male? Perché malgrado le tasse pagate, se mancano i soldi non fate altro che chiederne altri. A noi. Se Roma non vi paga, arrabbiatevi con Roma. Noi i soldi li abbiamo già dati e abbondantemente." Standing ovation! O meglio no. La maggior parte dei genitori versò l'obolo aggiuntivo. Io rimasi a fianco del temerario genitore.

L'eccellenza in Italia non è prevista. La meritocrazia non è perseguita anzi è combattuta. I pochi insegnati validi (e vivaddio ne ho conosciuti e sarò loro sempre grato) non vengono portati ad esempio come eccellenze. I bambini particolarmente brillanti vengono messi allo stesso livello dei meno brillanti.

In tutto questo i genitori fanno la loro parte. Se da piccolo prendevo una nota, la minima cosa che potessi aspettarmi era una punizione. Oggi i genitori vanno a difendere i figli dall'insegnate (visto con i miei occhi). I genitori di oggi sono figli di quel '68 e di quello che ne è uscito. Sono genitori che riflettono nell'educazione dei figli, il loro stesso credo, le loro aspettative. Abbiamo tutti bisogno di un posto di lavoro fisso, di uno stipendio blindato e che possibilmente cresca automaticamente indipendentemente dal rendimento lavorativo. Pretendiamo ciò che non possiamo permetterci. Esigiamo l'aiuto dello Stato in ogni caso, sempre e comunque.

Qualcuno penserà che generalizzo. Ancora una volta prevengo: è vero, sto generalizzando. Ma vi chiedo di pensarci bene e di riflettere cercando nelle pieghe della vostra memoria se non è così per la maggior parte dei casi.
Quando sono stato assunto in uno dei miei seppur pochi impieghi mi è stato detto: "Dobbiamo essere sicuri di chi assumiamo, perché poi licenziare non è così facile". Il posto di lavoro non è un diritto. Il lavoro non è un diritto. Semmai è un diritto avere le stesse opportunità di impiego, avere la possibilità di essere sulla linea di partenza tutti in fila. ma poi la maratona la vince chi è più resistente, chi lo merita.

Sono partito dalla scuola e dal '68 e sono arrivato al lavoro. Da qui forse ripartirò con il secondo male dell'italia dopo il sistema scolastico.

(continua forse con un bel discorsetto sui sindacati)

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