venerdì 13 febbraio 2015

I 10 punti di Salvini. Parte 2

Prima di proseguire nell'analisi del programma elaborato dalla Lega Nord, occorre aprire una parentesi sulle prime reazioni che le orde leghiste hanno avuto alle critiche di ieri. Capofila di questo branco (detto non in modo dispregiativo) ca va sans dire è Claudio Borghi, i cui commenti sono al solito sintetici e offensivi senza che mai si degni di una risposta argomentata quale il suo ruolo di "economista" gli imporrebbe.

Dunque, la principale contestazione riguarda l'assioma spesa pubblica-crescita, o altrimenti declinato, taglio spesa pubblica-recessione.

Il principio da cui partono, come avevo scritto anche nella prima parte, è che la spesa pubblica, poiché è componente del PIL, non va tagliata nelle fasi economiche recessive perché accentuerebbe ulteriormente la recessione.

Il tipo di ragionamento è formalmente corretto ma sostanzialmente risibile. E' come confondere la macroeconomia con l'algebra da terza elementare. Avete presente i problemi che sono a chiamati a risolvere i vostri figli?

La mamma ha 50 euro in borsa. Se spende 10 euro per le bistecche, 2 euro per la frutta e 5 euro per il parmigiano, quanto le resterà in borsa? La risposta che darei io è 50 euro, perché la mamma va a fare la spesa con la carta di credito di papà; quella di mia figlia invece 33, frutto della sottrazione [50-10-2-5=33].
Nella contabilità delle elementari avrebbe ragione mia figlia, mentre in quella nazionale la ragione può pendere dalla mia parte. Vediamo il perché.

Prendiamo prima di tutto un grafico che compara l'andamento della spesa pubblica in Eurozona, nei cosiddetti PIIGS e nei Paesi extra UE in ripresa. La fonte è il FMI.


Possiamo osservare che la dinamica media è decrescente in tutte e tre le aree e che la spesa pubblica aggregata nei Paesi extra Euro è tendenzialmente più bassa di 4-6 punti percentuali rispetto all'Europa.
Dunque con riduzione della spesa pubblica ci sono Paesi in crescita e Paesi in recessione. Possiamo dedurne che non c'è correlazione positiva fra spesa e pil, contrariamente a quanto sostenuto dai fans neokeynesiani.

Uno degli ex grandi malati d'Europa era il Belgio. Agli inizi degli anni 90 il piccolo regno si trovava in una situazione molto simile a quella in cui si trova oggi l'Italia. Elevato debito pubblico, livelli di spesa primaria oltre il 50% della ricchezza prodotta, pressione fiscale intorno al 45%. I governi liberali vararono attraverso misure congiunte una imponente opera di consolidamento del debito, calato dal 140% all''84%, congelando la spesa pubblica, calata del 5,5% su pil in 9 anni, e riequilibrando il gettito fiscale premiando la fiscalità sui redditi e aumentando, di poco, quella sui consumi.

Ma c'è di più. Se davvero la spesa pubblica fungesse da stimolo per l'economia, com'è che in un Paese come l'Italia in cui dal 1997 ad oggi è cresciuta di 70 punti (ovvero di più di 300 miliardi) l'economia va così male?

La realtà è che non si possono declinare fenomeni così complessi con pochi approssimativi slogan. Un programma elettorale può permetterselo nella misura in cui non verrà attuato. Ed è proprio questo il caso del programma di Matteo Salvini.


2 commenti :

Anonimo ha detto...

Nel grafico, conviene specificare meglio cosa si intende per "Paesi eurozona in difficoltà", "PIIGS" (i PIIGS non sono paesi dell'eurozona in difficoltà?) e "Paesi Extra eurozona in ripresa" (nel testo si parla di "Paesi extra UE in ripresa": quindi sono UE extra eurozona o extra UE? In questo caso, quali?).

Anonimo ha detto...

Ma scherziamo..???

"Se davvero la spesa pubblica fungesse da stimolo per l'economia, com'è che in un Paese come l'Italia in cui dal 1997 ad oggi è cresciuta di 70 punti (ovvero di più di 300 miliardi) l'economia va così male?"

Forse perchè dal 1997 siamo in un accordo di cambio fisso..???

E così la spesa pubblica genera, si, reddito privato, ma poi questo reddito se ne va in gran parte speso in prodotti esteri (più competitivi di quelli nazionali a causa del cambio fisso, appunto). Quindi della spesa pubblica la produzione italiana si beneficia molto meno di quanto farebbe se non avesse il vincolo valutario.

Inoltre andrebbe considerato quanta di questa spesa se ne è andata per gli interessi sul debito...Non ho le cifre ma non credo siano trascurabili.

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