mercoledì 11 febbraio 2015

Riflessioni su Italia Unica, a due settimane dalla nascita

Il giorno 31 gennaio Italia Unica si è fondata, come partito, in quel di Roma. Proviamo a dire un paio di cose per aprire - almeno speriamo: la speranza è l'ultima a morire - un dibattito pubblico.

Non nasce sotto una coincidenza temporale favorevole Italia Unica. Il destino (o il pianificatore disattento?) ha voluto che nello stesso giorno in cui assumeva la forma di partito e si dava un gruppo dirigente l’attenzione di tutti i media fosse focalizzata sull’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. È accaduto così che, quasi incidentalmente, la politica del palazzo abbia eclissato ancora una volta quella che cerca di farsi sentire da fuori del medesimo.

Ad ogni modo si compie con l’assemblea di Roma la nascita di un partito, Italia Unica, che ha avuto una lunga gestazione fatta di incontri sul territorio, apertura di porte e road show. Poiché la sua identità sembra ora abbastanza definita, proviamo a fare una riflessione che - per quanto critici noi si possa essere e saremo - parte dal riconoscere che oggi Italia Unica è l’unico soggetto meritevole di attenzione nel desolato e desolante deserto del centro destra italiano.

Su queste pagine Sandro Brusco (quiqui e qui) ha già detto parecchio in relazione al programma economico di IU. Ciò che ha detto lo condividiamo e rimane vero ancor oggi; anzi di più perché il programma economico invece di migliorare è a nostro avviso peggiorato. In ogni caso, sui temi specifici sollevati da Sandro non torneremo. Ci concentreremo, per così dire, di più sulla politica e sul progetto di lungo periodo che sta (o non sta?) sotto IU.

Fare politica in Italia, da fuori del palazzo Quanto sia difficile l’abbiamo sperimentato durante l‘esperienza di Fare per fermare il declino. Quello italiano è un sistema politico che pone delle barriere molto alte all’ingresso di nuovi soggetti. È un sistema sostanzialmente chiuso in cui farsi largo come soggetto politico è possibilità preclusa attraverso mezzi normativi (legge elettorale) e informativi (interessi più o meno manifesti dei grandi partiti nelle principali redazioni, a cominciare dalla RAI).

Rispetto a Fare, IU ha il vantaggio di avere mezzi economici, conoscenza del “palazzo” e aderenze in quel sottosistema rappresentato dal cosiddetto capitalismo di relazione. Mentre noi eravamo parvenue, Passera ha sempre frequentato quell’ambiente come top manager prima e come ministro poi. Tuttavia  questo non significa automatica accettazione da parte degli ambienti romani. Men che meno dagli elettori, soprattuto da quel 40% (o più?) che sembra non votare per nessuno e che è il vero elettorato da conquistare.

Il campo del centrodestra, all’interno del quale IU vuole collocarsi, è sì in sfacelo ma caratterizzato, ora più che mai, da derive demagogiche e populiste, fascistoidi e intolleranti. L’ingombrante presenza di Berlusconi sembra sfarinarsi eppure l'ex cavaliere non è rassegnato a farsi da parte perché deve difendere il patrimonio familiare. Difficile quindi che, rinchiudendosi a priori in quell’area, IU riesca a trovare uno spazio sostanziale: l'elettorato fedelmente di centrodestra che è disposto a cambiar di partito sembra attratto dal messaggio squisitamente reazionario di Matteo Salvini. E il messaggio di IU, con tutti i suoi difetti, reazionario non è.

Questa osservazione sul "collocamento" è strettamente connessa a quella del "messaggio" che affrontiamo alla fine ed alla quale quindi rinviamo per le conclusioni.

Il partito leaderistico
La convention del 31 ha nominato una direzione composta da 51 membri. Fra di essi ci sono alcune persone nuove ma anche molte facce non proprio fresche, oltre ad un certo numero di amici nostri a cui auguriamo, sinceramente, la miglior fortuna. Accanto al fondatore e alla moglie ci sono Lelio Alfonso, già con Romano Prodi ai tempi del governo di centro sinistra, Gregorio D’Anna e Giorgio Guerini, un passato in UDC, e altri che non ci attarderemo ad elencare per evitare polemiche personalistiche.

Il punto è che manca una squadra che possa rappresentare, nell’immaginario elettorale, una nuova classe dirigente per il paese e che niente si è fatto per costruirla durante i 18 mesi di gestazione e le molte risorse disponibili. Italia Unica è e resta un partito leaderistico costruito intorno alla figura del suo fondatore, che ha sicuramente pregi ma manca sia di dialettica innovativa sia di vigore anti-casta. Per incerottare simpaticamente l'esistente c'è già Matteo Renzi, che a far questo è il più bravo di tutti.

Avremmo visto decisamente meglio Corrado Passera inserito in un’iniziativa più ampia e articolata - di convergenza di diverse associazioni, persone e movimenti su un programma ed un gruppo dirigente - che non attore principale che recita solitario un monologo di buone intenzioni. Siamo andati dicendoglielo per più di un anno ed ora ci sentiamo di poterlo dire in pubblico, peccato che non abbia voluto ascoltare.

Il messaggio di IU e degli altri
Come detto sopra, Sandro Brusco ha già analizzato nello specifico cosa del programma presentato alcuni mesi fa non regge né al senso comune, né alla contabilità nazionale, né all'analisi economica. Poiché nulla è cambiato sul terreno economico - oddio, alcune cose son cambiate ma sono davvero improbabili come la devoluzione dell'IVA o i 5000 euro a figlio e similia ... - proviamo a chiederci se c'è un messaggio, un fine, un obiettivo, un ideale (roviniamoci) per cui lottare.

Ecco, qui sta il punto, il punto che ci angoscia e  non solo per IU ma un po' per tutto: qual è il sentiero che si vuole proporre a questo benedetto paese? Quello che riusciamo a leggere noi è un sentiero di continuità con il sistema che ha governato l'Italia nell'ultimo ventennio, con qualche aggiustamento in politica economica, ahimé debole sotto il profilo della realizzabilità, qualche suggestione keynesiana non dichiarata, che, per carità, in Italia spesso paga elettoralmente, e probabilmente con maggior rigore morale e buone intenzioni. Troppo poco e, soprattutto, non quello che serve. Se non ci sarà uno choc che metta in seria difficoltà i partiti maggiori, sarà ben difficile che una prospettiva politica fondamentalmente conservatrice, quale quella di IU, riesca a superare la concorrenza dei partiti oggi presenti in parlamento.

Guardiamo la realtà dei fatti. Oggi in Italia vi sono tre persone che, nell'immaginario collettivo, rappresentano la politica ed offrono dei sentieri per il futuro.

Uno è Beppe Grillo ed il sentiero che offre è quello del suo incontrollabile e malato narcisismo. Non stiamo scherzando, Grillo da decenni si guadagna la vita facendo il comico di grande successo, uomo che trascina le platee nell'immaginario temporaneo (perché dura il tempo di uno spettacolo) delle sue affabulazioni, delle sue battute, delle sue costruzioni di mondi immaginari e semplicistici di buoni e cattivi. Alla ricerca dell'applauso, una cosa che dura 1 minuto ma che, se si ripete sera dopo sera con spettatori paganti, ti rinforza non solo il canut ma anche quella cosa chiamato autostima, che poi son spesso la stessa cosa. Peccato che questo esercizio di narcisismo alla centesima potenza non possa produrre alcun programma di governo ed alcun futuro per il paese, come lo sfarinarsi del gruppo parlamentare del M5S dimostra. Il luogo dell'immaginario incazzato e nient'altro, impotente e distruttivo allo stesso tempo.

Il secondo è Matteo Salvini il cui messaggio è tanto semplice quanto bestiale. Infatti è solo bestiale: dice che ci sono dei nemici e che, se li cacciamo o arrestiamo tutto si risolve. I nemici prima erano interni, erano i terroni anzitutto e romaladrona. Poi, resosi conto che dei voti dei primi aveva bisogno e della seconda lui ed i suoi fanno da almeno vent'anni parte, ha deciso che i nemici sono esterni: i tedeschi, ovviamente, che son tutti nazisti, i rom, i romeni (che basta aggiungergli un "eni") e tutti quelli più scuri di lui (che, effettivamente, appare slavato assai) che son tutti delinquenti. Tolti quelli torniamo a far faville. Che dire? Niente.

Il terzo, ed unico rilevante, è Matteo Renzi. Fatto salvo il potere e la possibilità di comandare andando in televisione ammettiamo di NON aver compreso COSA l'ex concorrente della Ruota della Fortuna abbia in mente di fare. A sentirlo vuol certamente fare l'Italia più grande e più bella che pria, il problema è come. Con il PSE e la spesa pubblica? Con Verdini? Con il partito unico della nazione? Non è questo un articolo dedicato ai programmi e agli atti di governo di Renzi ma il punto qui è semplicissimo: per ragioni motivate ed argomentate svariate volte noi crediamo che dal PD di Renzi o dal "Partito della Nazione" che intende creare (sembrava dovesse essere in compagnia di BS, ora forse non più ...) non sembra poter venire l'uscita dal lungo declino italiano.

Poi il vuoto. Il vuoto di analisi credibili e di proposte che attacchino i mali profondi del paese e indichino ad esso una PROSPETTIVA di uscita, una STRADA diversa da quelle percorse sino ad ora e da quelle impercorribili, la VISIONE di un paese diverso. Di questo oggi c'è bisogno e non c'è.

Di cosa c'è bisogno
Noi riteniamo che, oggi, il messaggio politico alternativo debba essere anzitutto "anticasta, contro i privilegi, la corruzione, il diffondersi di meccanismi di esclusione sociale, politica ed economica" ma, al contempo, esso debba anche essere "europeo e globalizzante, favorevole all'iniziativa e responsabilità individuale, al mercato, alla meritocrazia, all'innovazione, alla riduzione drastica del perimetro statale e burocratico". Pensiamo che questo messaggio sia l'unico capace di aggregare quelle forze sociali che oggi sono, in parte, sparse dietro ai tre personaggi menzionati e, in altra parte, occultate nel partito di maggioranza relativa: non votanti e astenuti. Non sappiamo se questo messaggio possa raccogliere la maggioranza degli elettori ma crediamo ancora sia l'unico che può definire una proposta di vera inversione di rotta per il paese.

Detto altrimenti: sia l'esperienza di Fare che quanto viene succedendo da vent'anni ci hanno convinto e convincono ogni giorno di più che solo passando da quella cruna di quell'ago possiamo far sì che l'Italia riparta per davvero. Poiché oggi il "sistema" è di "sinistra" opporcisi rende automaticamente di "destra" ma, siccome questa destra (senza virgolette) fa fondamentalmente schifo ed è parte integrante del sistema, occorre anche tenersi chiaramente fuori da questa destra. Che è, poi, dove sta il 50% dell'elettorato potenziale italiano. Per mettere in atto questo miracolo l'identità che IU è venuta prendendo non va bene, va cambiata.

- Perché non mette in discussione alla radice questo sistema di relazioni politiche-economiche, questo modello di stato, questo modello di organizzazione del sistema economico. Non dichiara mai che il problema va affrontato radicalmente e che quanto va succedendo da almeno trent'anni non è frutto del caso ma di come lo stato italiano è organizzato e di come è distribuito il potere in questo paese.

- Perché il programma economico che presenta è sia congiunturale che contraddittorio. Soprattutto, non disegna un modello di stato, economia, istituzioni e società altri da quelli esistenti. Propone dei cerotti ma non propone di riformare alla radice il sistema paese che "prima e seconda" repubblica hanno costruito. È un programma di "buon governo" dell'esistente, ma l'esistente è strutturalmente impotente e rimettere l'Italia sul sentiero dello sviluppo richiede scardinare alcuni capisaldi economici (oltre che poltici ed istituzionali) del medesimo.

- Perché non disegna né un modo diverso di far politica (che risponda al bisogno di partecipazione e responsabilizzazione che si esprime nel generico malcontento "antisistema" oggi dominante in Italia) né un sistema elettorale e costituzionale che renda il potere politico contestabile, da un lato, e responsabile dei propri risultati di fronte all'elettorato, dall'altro. Senza questo, ossia senza un processo di profonda revisione del disegno costituzionale, la politica italiana rimarrà sempre un affare di caste chiuse in lotta per il controllo del potere centrale.

- Perché non apre né spazi di discussione e costruzione di un programma né mezzi per la selezione di una classe politica altra dall'esistente, di un gruppo dirigente, una squadra, nuova. Questo aspetto - che è stato il punto di forza del M5S e la cui non realizzazione porterà alla sua dissoluzione - rimane il punto di partenza necessario per attrarre quelle persone e forze sociali che hanno bisogno del cambiamento. Occorre lavorare perché un gruppo dirigente alternativo si aggreghi attorno ad un programma per propria scelta e pubblica discussione, non per chiamata.

A Italia Unica e a chiunque abbia a cuore il destino del paese si prospettano tre anni in trincea, non vediamo alcuna elezione anticipata in arrivo. Questo fatto offre il tempo sufficiente per costruire una credibile alternativa politica alle proposte esistenti. Compito non impossibile ma difficile che richiede un posizionamento coraggioso e, soprattutto un'apertura alla discussione ed alla ricerca di forze e contenuti nuovi che finora non vi è stato, ma non è detto che la storia finisca qui.

da noisefromamerika.org

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